PIAE – Piano Infraregionale delle Attività Estrattive

La Variante generale 2002 al PIAE quale strumento di pianificazione provinciale per la gestione delle risorse naturali del territorio

Con la pubblicazione, a cura della Regione, dell’avviso di avvenuta approvazione sul BUR del 4 agosto 2004, è entrata in vigore la Variante generale 2002 al PIAE, approvata con deliberazione del Consiglio Provinciale n.53 del 26 aprile 2004.

Successivamente sono state approvate 3 varianti specifiche riguardanti esclusivamente i territori dei comuni di:

Castellarano, Variante PIAE 2012

Reggiolo, Variante PIAE 2014

La documentazione delle varianti approvate, o in adozione, è consultabile nelle sezioni dedicate dell’area tematica Attività Estrattive

Strategie e obiettivi del piano
Il Piano Infraregionale delle Attività Estrattive (PIAE) costituisce parte integrante di una più complessiva attività di governo e programmazione di un modello di sviluppo che non può prescindere dai processi di crescita ad esso connessi.La realtà territoriale nella quale ci troviamo ad operare, infatti, racchiude in se tutte le complessità legate alle ricerca di un giusto equilibrio tra la dimensione socio-economica, che investe i diritti dei cittadini per quanto concerne la possibilità di accedere a condizioni di benessere e sicurezza al pari di quella offerta a livello nazionale ed europeo, e la dimensione socio-ambientale, che attiene ai diritti dei cittadini in termini di qualità dell’ambiente e del territorio in cui vivono.

La ricerca di questo equilibrio ha imposto un rinnovato approccio ai problemi del territorio, attento in primo luogo alla tutela del territorio e all’uso razionale delle risorse naturali, che trova specifica applicazione nella metodologia utilizzata per la redazione del PIAE. Tale obiettivo è poi rafforzato dai contenuti dello stesso, che sono ispirati appunto ad una idea di sostenibilità ambientale nel governo del territorio.

L’autosufficienza, che implica il soddisfacimento del fabbisogno, è, in modo responsabile, il primo principio posto alla base del piano. Assieme alle altre province, ispirandosi allo stesso principio, si eviterà la commercializzazione fine a se stessa, quindi lo sfruttamento del territorio a fini meramente commerciali, perseguendo adeguati equilibri territoriali, in riferimento alla necessaria attenzione all’ambiente e ai suoi caratteri naturali, per le diverse realtà provinciali. Tale principio si fonda anche sulla consapevolezza che si tratta della pianificazione di una risorsa finita, per la quale, a tutt’oggi, non esistono valide alternative, pur ipotizzando nel piano, forse con un obiettivo ambizioso, il massimo utilizzo di materiali alternativi alla risorsa naturale: il 20% circa del fabbisogno complessivo pari a circa 8,7 milioni di mc. L’autosufficienza rappresenta inoltre un solido principio di responsabilità e maturazione di una diffusa coscienza dei problemi connessi alla sostenibilità ambientale del nostro modello di sviluppo. Corrispondere al fabbisogno di inerti della nostra provincia con inerti provenienti da altri territori, significa da un lato reperire gli stessi in zone dove potrebbero essere inferiori le tutele ambientali, esercitando a parità di materiale estratto una pressione ambientale superiore anche in termini di trasporto, significa d’altro lato esportare il problema ambientale che deriva da un bisogno locale, impedendo di fatto un processo di consapevolezza dei limiti del nostro modello di sviluppo.

Ma il controllo quantitativo non basta. Non si controlla o non si modifica un modello di sviluppo attraverso il contenimento dei quantitativi; le esperienze di pianificazione passate, e non solo quelle legate all’attività estrattive, insegnano al riguardo. Le novità intervenute nella nuova stagione di pianificazione hanno aiutato e fornito nuovi strumenti per il governo qualitativo del processo: concertazione istituzionale, esplicitazione di indirizzi e di obiettivi chiari da condividere alla fonte del processo di pianificazione e da sviluppare nei piani sono esempi in tal senso. Logica conseguenza di queste premesse e stata quella di una razionale localizzazione dei poli estrattivi effettuata, nel rispetto della legislazione vigente con una la metodologia che si articola attraverso tre fasi, che passano da una verifica puntuale delle proposte dei vari poli estrattivi attraverso la messa in sistema delle opportunità naturalistico ambientali che sono rappresentate dal recupero degli stessi.

La selezione compiuta è esito di un “processo di pianificazione ambientale” che ha caratterizzato la stesura del piano fin dalle sue operazioni iniziali. Infatti, già attraverso la definizione degli obiettivi, posti alla base della variante generale, si è stabilito una congrua relazione tra le “domande all’ambiente” e le “offerte all’ambiente”. In sostanza il processo metodologico ed operativo adottato può essere ricondotto ad una “filosofia” di pianificazione territoriale che innova gli schemi classici del passato in quanto dalla prevalenza assegnata alle variabili economiche (il fabbisogno economico provinciale) che sono state tradotte in domande all’ambiente, e quindi al territorio come sede di risorse, si è passati ad assegnare priorità alla conoscenza delle offerte dell’ambiente attraverso l’approfondimento delle sue peculiarità e sensibilità.

L’attenzione verso gli aspetti di salvaguardia e tutela dell’ambiente è, quindi, notevolmente cresciuta e con essa anche la sensibilità in ordine ad una migliore qualificazione di metodologie di coltivazione e recupero avanzate per interventi specifici di recupero delle aree già sfruttate dall’attività estrattiva da destinare ad usi naturalistici e ricreativi (rimodellamento, riforestazione e rinaturalizzazione).

E’ stato compiuto un evidente sforzo al fine di pianificare azioni in modo interdisciplinare, con l’obiettivo di migliorare la qualità degli interventi, sia per quanto riguarda i contenuti tecnici che quelli naturalistici, per mettere a punto tecniche di ripristino e recupero più efficaci. In tal senso il piano si adopera per definire dei criteri omogenei e degli indirizzi tecnici di base, da seguire per gli interventi, con il duplice scopo di uniformare, da una parte, il comportamento per ambiti territoriali omogenei, e dall’altra parte, di fornire ai soggetti pubblici una valida traccia per coloro che esplicano gli adempimenti istruttori e per quelli che sono incaricati di esprimere pareri o di assumere le decisioni di competenza.Per raggiungere questo obiettivo hanno costituito utile riferimento un a serie di studi che hanno consentito di prefigurare i benefici derivanti dall’attuazione di progetti integrati di qualità ambientale : il Progetto Enza, Secchia, lo studio delle reti ecologiche, lo studio di compatibilità ecc. A questi sono stati affiancati specifici approfondimenti legati alle opportunità legate alle attività dei ripristini conseguenti alle attività estrattive nonché alla qualità degli stessi. Tutto ciò alla luce delle esperienze maturate nel corso di attuazione del primo Piano Infraregionale delle attività Estrattive e della formulazione di studi, analisi e programmazioni ambientali di scala provinciale e regionale.
 
Esito finale è stato la definizione di indirizzi e prescrizioni per ogni previsione estrattiva individuata nel piano rispetto alle destinazioni finali specificate nella loro struttura (anche relativamente alle quote di ritombamento parziale) e composizione, nella qualità dei materiali vegetali nonché la realizzazione di una simulazione fotografica (rendering) dei progetti di ripristino al fine di meglio rappresentare ed esplicitare le “occasioni” paesaggistiche da essi costituiti.
 
Il percorso di progettazione e approvazione 
Per la formazione del nuovo PIAE sono state sperimentate le nuove procedure e le forme di partecipazione previste dalla LR 20/2000:
  • definizione delle strategie con gli enti e le amministrazioni del territorio (Conferenza di Pianificazione e Documento Preliminare);
  • condivisione degli obiettivi del Piano con la Regione Emilia Romagna (Accordo di Pianificazione);
  • coinvolgimento dei vari soggetti tecnici e sociali interessati (Convegni, Incontri pubblici, Agenda 21);
  • percorso tecnico istituzionale (Commissioni del Consiglio Provinciale e Commissione Tecnica Infraregionale Attività Estrattive).
Questa attività di concertazione si è sviluppata contemporaneamente a quella a cui tradizionalmente si affidava questo compito, cioè il voto di adozione da parte del Consiglio Provinciale, le osservazione e il voto di approvazione definitiva che conclude l’iter.
 
L’iter seguito dal piano si può riassumere in tre fasi:
  • istruttoria: avviata nel 1999 con gli studi preliminari per indagare la composizione lito-mineraria dei principali bacini, e per la verifica delle più aggiornate tendenze nel recupero delle cave;
  • concertazione: avviata nell’ottobre 2002 con la proposta di Documento Preliminare con cui venivano formulati metodo e obiettivi e dimensionamento del PIAE, su cui si è svolta la Conferenza di Pianificazione, Agenda 21 e molti altri incontri. In quella fase è stato possibile approfondire studi e ricerche, anche in relazione alle esigenze emerse dalla discussione nelle varie sedi; tra questi lo Studio di compatibilità idraulico ambientale, lo Studio di Bilancio Ambientale, lo Studio idrogeologico sulle interferenze con gli acquiferi sotterranei;
  • approvazione: avviata nel novembre 2003 con l’adozione del PIAE, su cui sono state raccolte le osservazioni dei privati e della Regione Emilia-Romagna. Anche nella fase approvativa sono continuati gli incontri pubblici, in particolare con i cittadini e le amministrazioni interessate dalle proposte di attività estrattiva, e gli approfondimenti tecnici necessari alla redazione delle controdeduzioni alle osservazioni, tra cui la specificazione delle Linee guida per i ripristini e dello Studio idrogeologico sulle interferenze con gli acquiferi sotterranei.

I passaggi in Consiglio Provinciale da due, quanti erano in precedenza, sono diventati tre, e le osservazioni dei privati e degli altri enti sono arrivate dopo che sulle proposte di Piano si era già svolta una ampia discussione.

Deliberazione del Consiglio Provinciale n. 53 del 26/04/2004 di approvazione del PIAE – Variante Generale 2002 (139 Kb)

Gli elaborati costitutivi del PIAE
 
A0 SINTESI DEL QUADRO CONOSCITIVO e ALLEGATI
A0 Sintesi del quadro conoscitivo
All. A0 1/a Zone di protezione campi pozzi – Bacino Enza (scala 1:25.000)
All. A0 1/b Zone di protezione campi pozzi – Bacino Secchia (scala 1:25.000)
All. A0 1/c Zone di protezione campi pozzi – Bacino Po (scala 1:25.000)
All. A0 2/a Stato di attuazione previsioni PIAE ’96 – Bacino Enza (scala 1:25.000)
All. A0 2/b Stato di attuazione previsioni PIAE ’96 – Bacini Po – Media Pianura (scala 1:25.000)
All. A0 2/c Stato di attuazione previsioni PIAE ’96 – Bacino Secchia (scala 1:25.000)
All. A0 2/d Stato di attuazione previsioni PIAE ’96 – Bacino Collina (scala 1:25.000)
All. A0 2/e Stato di attuazione previsioni PIAE ’96 – Bacino Montagna Est (scala 1:25.000)
All. A0 2/f Stato di attuazione previsioni PIAE ’96 – Bacino Montagna Ovest (scala 1:25.000)
All. A0 3 – Studio idrogeologico area Rubiera – Casse di espansione Secchia ai fini della pianificazione delle attività estrattive PIAE Reggio Emilia

Pr1 RELAZIONE GENERALE e ALLEGATI
Pr1 Relazione generale (2,1 Mb)
Pr1 Relazione generale – Allegato Linee guida per la qualità dei ripristini conseguenti alle attività estrattive (1,7 Mb)

P2 NORMATIVA TECNICA e ALLEGATI
P2 Normativa Tecnica di Attuazione (1,5 Mb)
P2 Normativa Tecnica di Attuazione – Allegato 1 NTA-Tipo per i PAE (1,7 Mb)

P6 VALUTAZIONE DELLA SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE TERRITORIALE e MONITORAGGIO DEL PIANO
P6 Esiti della VALSAT e monitoraggio del piano (1,7 Mb)

CARTOGRAFIA DI PROGETTO

 
 
RELAZIONE DI CONTRODEDUZIONE e ALLEGATI
 
 
 
A chi rivolgersi:
Barbara Casoli – geologa tel. 0522.444224
 

Pubblicato: 29 Settembre 2006Ultima modifica: 01 Settembre 2022