4 Novembre, discorso del presidente Manghi  

Porgo il mio saluto e quello della Provincia e dei Comuni del territorio di Reggio Emilia alle autorità, ai cittadini e agli studenti della Pertini presenti in questa piazza per celebrare l’epilogo del primo conflitto mondiale, l’Unità Nazionale e le Forze Armate, rendendo omaggio a tutti coloro che hanno perso la vita per la sicurezza e la pace del nostro e di altri Paesi. 

Lo scorrere delle ricorrenze temporali ci consegna nell’anno 2017, come ampiamente evidenziato dall’informazione e dalla pubblicistica, i 100 anni dalla drammatica battaglia di Caporetto. Certo, questo anniversario – che ci riporta alla più grave disfatta dell’esercito italiano, tanto da essere divenuta nel linguaggio quotidiano sinonimo di sconfitta oltremodo pesante – senza dimenticare il rilevantissimo sacrificio di vite umane compiutosi, non rende giustizia al valore delle nostre Forze armate. Diversamente, la Decorazione d’onore interforze, che domenica scorsa il Capo di stato maggiore della Difesa ha conferito alla memoria di Angiolo Zampini, proprio nel centesimo anniversario della sua eroica morte, se da un lato ben ci aiuta a comprendere il dramma dei conflitti che un secolo fa insanguinarono il Friuli, ci consente  dall’altro anche di evincere il carattere, l’orgoglio e la forza di cui sono capaci il popolo italiano ed il nostro esercito.

Il sergente della 999ª compagnia mitraglieri Fiat Angiolo Zampini, il 30 ottobre del 1917, era rimasto da solo a difendere i duecento abitanti di Farla, una piccola frazione di Majano, dall’avanzata austro-tedesca verso il Tagliamento. Lui solo, con la sua mitragliatrice Saint-Étienne. Nessuno avrebbe mai potuto accusarlo di vigliaccheria se avesse deciso di eseguire l’ordine di ripiegare, seguendo i suoi superiori e i suoi commilitoni in ritirata, se avesse pensato innanzitutto a tornare dalla bambina di cui era diventato padre tre anni prima. Ma indossava l’uniforme, aveva il nemico di fronte, una mitragliatrice fra le mani, ancora qualche centinaio di colpi a disposizione e un compito da eseguire: resistere. E con l’intransigenza e l’idealismo dei suoi 23 anni, per due ore, resistette all’avanguardia della 12ª divisione slesiana, prima che un fuciliere tedesco riuscisse ad aggirarlo e gli sparasse alla nuca.

La storia ci consegna dunque quest’anno il centesimo anniversario della battaglia di Caporetto – con le inevitabili analisi e riflessioni che continuano anche oggi sugli errori nel comando da parte del generale Cadorna – ma altresì l’esempio di tanti valorosi soldati, come il sergente Angiolo Zampini, testimoni di quel coraggio, di quella abnegazione, di quello spirito di sacrificio che portarono  alla offensiva sul Piave, a Vittorio Veneto e alla fine vittoriosa di quel lungo, duro e devastante primo conflitto mondiale che oggi ricordiamo, celebrando le nostre Forze Armate quale fondamentale elemento di difesa della patria e della pace e di tutela dei diritti umani, dentro e fuori i nostri confini nazionali.

La memoria di quanto accadde un secolo fa deve, infatti, coniugarsi alla capacità di indirizzare lo sguardo ed il pensiero all’attualità e alla contemporaneità di un mondo che registra ancora non pochi conflitti e vede negati i più elementari diritti civili a tanti, troppi popoli. Né possiamo non evocare la guerra non convenzionale, ma egualmente violenta e dolorosa, messa in atto dal terrorismo islamico – basti pensare a quanto accaduto a New York in questi giorni – o l’inquietante escalation nella crisi dei rapporti tra Stati Uniti e Corea del Nord.

In questo delicato contesto internazionale, credo si avverta sempre più l’esigenza della creazione di un esercito comune europeo, al quale le nostre Forze armate sarebbero certamente in grado di assicurare un fondamentale e qualificato contributo. Non solo per dare compiutezza al Vecchio Continente  inteso come Stati Uniti d’Europa, ma anche per rispondere alla sempre più pressante richiesta di sicurezza che giunge dai cittadini italiani ed europei.

L’idea di un esercito comune europeo non è inedita, visto che già negli Anni Cinquanta il padre costituente e presidente del Consiglio italiano Alcide De Gasperi avanzò la proposta di una forza comunitaria atta alla difesa della neonata comunità europea, ma non v’è dubbio che oggi – come ha sostenuto l’Alta Rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza dell’Unione europea Federica Mogherini – «un mondo fragile richieda un’Unione Europea più sicura di sé e responsabile, una visione interna ed estera europea sulla sicurezza perché questo non è tempo per le incertezze e abbiamo bisogno di una visione condivisa e di un’unità d’azione comune».

Non può dunque che essere valutata positivamente l’istituzione, avvenuta in giugno, di un nuovo comando unico chiamato a coordinare le missioni militari, primo passo concreto – dopo sessant’anni di veti incrociati – verso un’Unione europea della sicurezza e della difesa, verso un’Europa più forte e autonoma sulla scena internazionale.

Ma, al tempo stesso, anche importante opportunità per far ripartire quel processo di integrazione europea – orientato appunto verso l’approdo agli Stati Uniti d’Europa – che, dopo il mercato unico, l’Euro e  la libera circolazione delle persone, ha purtroppo subito diverse e significative battute d’arresto.

Dobbiamo invece continuare ad operare con ogni forza per una Europa unita o, meglio, per una Italia unita dentro una Europa unita! Proprio oggi, insieme alle Forze armate, celebriamo l’Unità nazionale. Quell’unità nazionale messa in discussione in Spagna mediante la vicenda separatista inerente la Catalogna, ma che va assolutamente preservata qui in Italia.

La recente iniziativa della Regione Emilia-Romagna, unitamente ai referendum tenutisi in Lombardia e Veneto, ha riproposto nelle ultime settimane la legittima richiesta di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia dei territori.

Una richiesta che nasce, innanzitutto, nel solco tracciato dall’articolo 116 della nostra Costituzione; che passa attraverso un confronto con il Governo, già positivamente avviatosi – per quanto attiene la nostra Regione – con la sottoscrizione nelle scorse settimane di una dichiarazione di intenti tra il premier Gentiloni e il governatore Bonaccini.

Si tratta di un percorso che non mira a mettere in alcun modo in discussione l’Unità nazionale o il principio di solidarietà verso chi è in difficoltà, né tantomeno a ipotizzare nuove o ulteriori Regioni a statuto speciale che, a oltre 150 anni dall’Unità d’Italia, paiono almeno discutibili.

E’ invece un approdo auspicato, nella valorizzazione delle specificità in un ambito di unità complessiva, perché è tempo che in questo Paese le Regioni virtuose vengano premiate con maggiori risorse per poter meglio assicurare equità e crescita alle comunità e rendere ancora più funzionali, ma soprattutto credibili, gli enti locali.

Il nostro Paese, infatti, ancor di più in questo tempo, ha bisogno di credibilità. A partire appunto dalle istituzioni. Quella credibilità che l’esercito impegnato nelle missioni di pace o nel sostegno alle popolazioni colpite da calamità naturali come i terremoti in Centro Italia o l’emergenza-incendi dei giorni scorsi in Piemonte, i militari con funzioni di polizia quotidianamente al servizio delle nostre comunità a tutela della legalità,  i Corpi ausiliari che con abnegazione operano in campo sanitario, contribuiscono ogni giorno a sostanziare. E di questo non possiamo che essere autenticamente grati.

 

Viva il 4 Novembre!

 

Viva le Forze Armate italiane al servizio della pace! 

 

Viva l’Unità dell’Italia dentro l’Unità dell’Europa! 

 

 

Giammaria Manghi

Presidente della Provincia di Reggio Emilia

 

Pubblicato: 04 Novembre 2017