Tutti i numeri relativi all’attività del Consiglio provinciale, dell’Assemblea dei sindaci e dello stesso Presidente; e ancora un aggiornamento sul personale (prepensionamenti, dipendenti transitati in Regione, in mobilità, comando e rimasti in Provincia) e le cifre relative alla razionalizzazione degli spazi e ai conseguenti risparmi di spesa. E’ stato un vero e proprio bilancio di fine anno sull’attività della Provincia di Reggio Emilia – accompagnato da una serie di riflessioni sul cammino di riforma verso le aree vaste dopo la Legge 56 – quello illustrato questa mattina dal presidente della Provincia di Reggio Emilia, Giammaria Manghi.
I numeri. Insieme al segretario generale Alfredo Luigi Tirabassi il presidente Manghi ha fornito i numeri relativi all’attività svolta dalla “nuova Provincia”: 22 sedute e 77 atti approvati (delibere, odg, interpellanze, comunicazioni) dal Consiglio provinciale; 5 sedute e 10 atti approvati dall’Assemblea dei Sindaci; 11 sedute e 31 punti trattati dalle Riunioni di Presidenti di Unione, fino ai ben 216 decreti firmati dallo stesso presidente. Numeri, questi ultimi, in linea con quelli degli ultimi due anni – nel 2013 e nel 2014 i decreti erano stati rispettivamente 293 e 188 – quando la Provincia era ancora un ente di primo grado ed era governato da una giunta (impossibile, invece, un raffronto sull’attività del Consiglio provinciale, passato con la riforma da 30 a 12 membri).
Il personale. La riforma ha inciso pesantemente soprattutto sul personale. Oltre al dimezzamento della spesa (da 15 a 7,5 milioni), dai 391 dipendenti del 2013 (pre Legge Delrio), si è passati ai 374 del 2014 (pre Finanziaria 2015) per arrivare al 31 ottobre scorso a 350. Con l’anno nuovo si scenderà ulteriormente a circa 190 (compresa una dozzina di agenti di Polizia provinciale), visto che ci saranno 106 trasferimenti alla Regione (un terzo dei quali verrà però ri-assegnat0 alla Provincia per deleghe ri-attribuite a Palazzo Allende), 16 andranno in mobilità (12 verso Comuni e Unioni; 4 verso i Tribunali di Reggio Emilia e Napoli), altri 16 (sui 33 totali nel biennio) andranno in pre-pensionamento e i 55 addetti dei Centri per l’impiego dovrebbero passare a un’agenzia regionale o nazionale (fino a quando non verrà chiarito, rimarranno ovviamente in carico alla Provincia). Ridotti drasticamente anche i dirigenti, passati da 11 a 3. “Ma il numero più importante è lo “zero” che riempie la casella degli esuberi, perché questa era la mia più grande preoccupazione nel momento in cui ho assunto questo incarico”, ha detto il presidente Manghi sottolineando “l’altrettanto grande soddisfazione con cui oggi posso dire che nessuno ha perso il posto di lavoro, un risultato che non era affatto scontato almeno fino alla circolare Madia dello scorso gennaio”.
Altri risparmi. Oltre al dimezzamento della spesa complessiva per il personale (-7,5 milioni) e, ovviamente, all’azzeramento delle indennità a presidente e consiglieri che con la riforma Delrio lavorano gratuitamente, altri significativi risparmi sono stati ottenuti grazie alla razionalizzazione delle sedi: la chiusura delle sedi di via Mazzini (Servizio Scuola) e via Guido da Castello (Servizio Pianificazione) ha comportato un risparmio tra affitti, spese condominiali e utenze di 230.470 euro (rispettivamente di 158.386 e 72.084 euro). “Stiamo meditando di chiudere anche Palazzo San Giovannino, con risparmio di ulteriori 70.000 euro, mentre la sede di Mancasale passerà in carico alla Regione con il Servizio Agricoltura”, ha aggiunto il presidente Manghi ricordando anche come la Provincia abbia ridotte le proprie partecipazioni da 16 a 10.
Il futuro. “Ora che abbiamo ridefinito funzioni, organici e sistema generale siamo dunque in grado di affrontare il secondo tempo di una riforma che non potrà comunque prescindere, io credo, dalla necessità di mantenere un ente di coordinamento territoriale intermedio tra Comuni e Unioni e la Regione – ha concluso il presidente Giammaria Manghi – Al di là della eliminazione delle Province, che dovrà comunque passare dalla riforma del titolo V della Costituzione e dunque anche dal referendum, il grande dibattito è appunto questo: deve rimanere o no un ente di coordinamento territoriale intermedio? Io credo di sì: si tratta di decidere quale, con quale architettura e per occuparsi di cosa”.
E’ il tema, insomma, delle cosiddette aree vaste, a proposito delle quali il presidente Manghi si è detto “non convinto da alcune sortite di questi giorni, tese a unire pezzi di province diverse in base all’omogeneità delle aree produttive”. “Fatico a immaginare Reggio senza Modena in un progetto di riordino e continuo a vedere l’area Emilia quale approdo migliore per ragioni storiche, omogeneità sostanziale, un brand e quindi una riconoscibilità ottimi, volumi economici pari o in alcuni casi addirittura superiori a quelli dei due poli, Milano e Bologna, tra i quali ci collochiamo”, ha aggiunto, precisando di aver riscontrato “buona disponibilità” da parte degli amministratori di Piacenza e Parma ed anche dal sindaco di Reggio, mentre con quelli di Modena “non ho ancora avuto l’occasione di confrontarmi”.
Rispondendo alle domande dei giornalisti, il presidente Manghi ha infine definito quali momenti più difficili di questi primi 14 mesi di mandato “appunto il timore degli esuberi, ma anche la chiusura di alcune partite delicate, dalle Fiere a Montefalcone alla Matilde Spa, che rappresentavano un pezzo di storia di questo ente sul quale abbiamo fatto scelte diverse rispetto al passato”. “La riforma di buono ha portato gli enti locali direttamente dentro al centro di coordinamento territoriale, ma fare il presidente di una Provincia è decisamente un lavoro massacrante, perché si unisce agli impegni di sindaco di Poviglio e di presidente dell’Unione, che affronto tuttavia con passione anche perché mi offre l’opportunità di vivere in prima persona una fase di cambiamento importante per il nostro Paese”, ha concluso il presidente Manghi.